“La nuova concezione del mondo: un dialogo fra fisica e filosofia” (terzo capitolo)
Proseguiamo il nostro viaggio nello spazio e nel tempo (dopo aver pubblicato già una prima e una seconda puntata), anche se, forse, una precisazione è d’obbligo. Ciò che anima questo scritto è essenzialmente un intento creativo e poetico; vorremmo cioè cercare di capire come lo sviluppo del pensiero filosofico si intrecci con quello scientifico in una unità che però è costitutiva nel cambio di paradigma che stiamo vivendo. La nuova rivoluzione scientifica del nostro tempo infatti, è presente in tutti i campi, e attraverso questi filosofi vorremmo cercare di trovare quegli scorci, quelle luci, in grado di indirizzarci e di guidarci verso questo altrove che ci chiama a nuove prospettive e ad altri sguardi sulla realtà che ci abita e ci circonda.
Vorremo percorrere il nostro viaggio ideale infatti attraverso i secoli della modernità che giungono fino a noi: siamo partiti dalla metà del 500’ con Giordano Bruno, che muore esattamente nel 1600, bruciato vivo per la condanna di eresia della chiesa cattolica. Circa un secolo e trent’anni dopo, nella Prussia orientale, a Königsberg, nasce Immanuel Kant, uno tra i filosofi più importanti della storia del pensiero occidentale.
Perché ci interessa Kant proprio in questo cammino?
Essenzialmente per un motivo: non vogliamo dilungarci infatti, per l’ennesima volta, in modo pedante su questi grandi autori. Ci interessa solo ciò che è utile per noi, oggi, per fare un passo nella direzione di ciò che è richiesto in questa svolta. Spero che questo ormai sia chiaro.
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Bene, Kant, in questa prospettiva, ci ha fatto capire una cosa essenziale e molto importante. In quella che è chiamata, non a caso, la sua “rivoluzione copernicana”, egli comprese che ogni processo conoscitivo in quanto tale, quindi anche quello delle scienze empiriche e sperimentali, non può prescindere dalla struttura basilare soggetto-oggetto. Solamente che questa dinamica fondamentale, non può più essere pensata come se esistesse una realtà a sé stante fuori dal soggetto che la esperisce e la contempla e cerca di definirla.
Al contrario, ogni realtà si da sempre per un soggetto che la esperisce e che quindi la costituisce attraverso le sue categorie concettuali. Non esiste una realtà in sé che poi l’io, in quanto soggetto, indaga e analizza e spiega con i suoi strumenti concettuali. La realtà si forma e si plasma sempre attraverso le mie categorie e le mie elaborazioni concettuali, che appunto danno una forma all’esperienza. Il concetto stesso di realtà e di esperienza sono prodotti della razionalità umana al fine rendere esperibile la realtà stessa.
Dice Kant: “Le condizioni della possibilità dell’esperienza in generale sono a un tempo condizioni della possibilità degli oggetti dell’esperienza, ed hanno perciò valore oggettivo.”[1]
Quello che sta dicendo Kant è che le condizioni affinché l’esperienza ci si dia appunto come un’esperienza, cioè come un qualcosa di pensabile e di conoscibile, sono le stesse affinché possiamo pensare un oggetto in quanto tale. Se io prendo un oggetto qualsiasi della mia esperienza, come per esempio questo computer grazie al quale sto scrivendo questo testo, ci sono delle condizioni preliminari affinché io lo possa esperire e pensare come un oggetto: innanzitutto lo devo concepire come uno, cioè come una unità, come una sostanza delimitata e definibile: il computer non è cioè la scrivania su cui poggia o la stanza in cui risiede. Poi questo computer possiede per esempio una estensione, una possibilità di esistenza e di cessazione di esistenza, nel caso in cui si rompa. Ebbene, queste condizioni di possibilità affinché ci sia dia qualcosa come un computer, che possa essere pensato, ordinato e definito, sono costruzioni razionali che l’essere umano letteralmente, introduce nella realtà per poterla riflettere come tale. Solamente l’essere umano può pensare le cose appunto come oggetti, e quindi de-finirle, categorizzarle, studiarle, e quindi poi disporne nelle scienze sperimentali per i fini più diversi e importanti, come nella chimica e nella medicina.
Ciò che è ancora più essenziale è che in questa nuova prospettiva Kant concepisce la realtà stessa, nel suo modo di darsi, come dipendente appunto dal soggetto umano. Lo spazio e il tempo quindi, che chiama “forme pure a priori dell’intuizione”, che vuol dire semplicemente che sono le modalità fondamentali attraverso le quali facciamo esperienza della realtà, sono potremmo dire l’apertura stessa del nostro modo di essere. Anche qui, non esiste uno spazio in sé fuori di me, nel quale posso entrare e uscire, così come non esiste un tempo in sé, indipendente da me, ma al contrario lo spazio e il tempo sono formulazioni creative all’interno delle quali possiamo fare una determinata esperienza della realtà.
Come per esempio quando ci annoiamo il tempo sembra non passare mai, e quando siamo in preda all’entusiasmo sembra passare in un lampo. L’essere umano è, in quanto tale, spazio-temporale.
Come dice il fisico teorico Fritjof Capra a proposito della svolta nella fisica contemporanea: “tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono quindi il loro significato assoluto. Nella teoria della relatività vengono abbandonati sia il concetto newtoniano di spazio assoluto inteso come scenario immutabile dei fenomeni fisici, sia il concetto di tempo assoluto. Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista.”[2]
Ecco che questo cambia completamente la visione stessa della realtà e dell’universo nel quale siamo immersi. L’universo stesso non esiste indipendentemente dal soggetto che lo esperisce e che lo concepisce, al contrario l’universo e la realtà si danno solamente attraverso la relazione dinamica con il filtro che proietta ogni esperienza possibile. Non esiste esperienza, e quindi non esiste fenomeno, non esiste oggetto, che non sia per qualcuno. Il processo stesso di costituzione della realtà non può che essere concepito in termini co-creativi, ovvero rimandanti sempre a quella relazione costitutiva che ci definisce come esseri umani.
[1] Critica della ragion pura, p.147
[2] Il Tao della fisica p. 74.